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Come aiutare ad orientarsi in un ospedale

Il Piemonte non brilla nel supportare i pazienti ad orientarsi nelle strutture sanitarie. Gli ospedali rappresentano giungle metropolitane spesso prive di indicazioni. Sono pochissime le strutture dotate di un piano colore che sappia guidare il paziente nei corridoi degli ospedali e le indicazioni non sono sempre facili da vedere, specie dalle persone anziane o con problemi di vista.

Bisogna poi tener conto che chi si reca in un ospedale è in genere pervaso da uno stato di preoccupazione, per non dire ansia, per cui quello che è facile da vedere, rischia di non essere visto. Per ovviare a questo problema il Centro Ortopedico di Quadrante di Omegna ha fatto dipingere sulle porte dei vari ambulatori un numero gigante (alto circa un metro e largo quasi mezzo) impossibile da non vedere, anche da distante.

Il costo di dipingere questi numeri così come tracciare delle linee colorate (o meglio sui lati delle pareti, dove si deteriorano di meno) non rappresentano certo un costo significativo, considerate le spese sostenute da un ospedale. Anzi se si calcolasse il tempo impiegato dal personale con il camice bianco a fornire informazioni, s’intuisce facilmente il vantaggio per l’azienda, oltre al miglioramento della qualità percepita dal paziente.

Si realizza una di quelle condizioni Win-win (espressione inglese volta ad indicare una situazione dove a vincere sono tutti: io vinco-tu vinci) dove tutti hanno da guadagnarci, ma forse per quel retaggio culturale che voleva l’ospedale come un luogo dove espiare i peccati commessi, la soluzione non va in porto. Si potrebbe pensare che vista la quantità di peccati che si commettono oggigiorno nessun ospedale è sufficientemente grande, ma le ragioni vanno cercate nella pigrizia dei sistemi sanitari nel ricercare le soluzioni logistiche semplici ed efficaci. Si avviano ricerche per vincere il premio Nobel e si trascurano le soluzioni che hanno come solo scopo aiutare il paziente.

Ci sono eccezioni come l’ospedale Gradenigo e il Kollier hanno adottato un piano colore mentre gli ospedali di Asti e di Biella forniscono soluzioni evolute.

Più in generale il giocare sulla luce e i colore può, non solo agevolare a muoversi ma risultare determinati per l’equilibrio fisio-psicologico dei pazienti. Di più, coinvolgendo gli studenti dei licei artistici si potrebbero trasformare, con immagini rassicuranti, le grigie pareti in mostre artistiche.   

Perché moltissimi ospedali sono ancora disadorni, male arredati, male illuminati, peggio dipinti? Perché non si adottano le calde e sapienti atmosfere presenti in molte delle nostre case? perché non sono utilizzate le intriganti luci impiegate in negozi, alberghi e uffici? Perché infine non esiste quasi traccia dell’invidiabile livello qualitativo espresso dal design italiano? Quale modello di società rappresentano questi spazi impersonali, spogli, poco funzionali, generalmente dominati da colori intorno al bianco? Sembra quasi che permanga l’idea dell’ospedale come luogo in cui si andava a morire, dove quell’ultima sofferenza era una buona occasione per purificarsi e allora quel bianco bene rappresentava quello stadio di purificazione che però nulla aveva a che fare con il genuino senso di sobrietà dettato dalla carità.

Il coronavirus ci ha costretti nelle nostre abitazioni e molti hanno approfittato per abbellirle e personalizzarle: forse è ora che questo atteggiamento raggiunga anche gli ospedali.

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