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Le scadenze degli ECM e altri problemi

Il 31 dicembre scade il triennio in cui i professionisti sanitari dovevano acquisire la formazione ECM prevista e chi non è in regola deve provvedere onde evitare le sanzioni già annunciate dagli Ordini nonché previste dalla legge. Soprattutto occorre non incappare in problematiche assicurative in quanto il mancato assolvimento dell’obbligo potrebbe essere causa di non copertura di sinistri (chi non possiede sufficienti crediti si troverà in difficoltà nel dover giustificare il motivo per cui non ha potuto regolarizzare la sua posizione nella misura almeno del 70% dei crediti del triennio, come prevede la norma).

La formazione è obbligo morale, prima ancora che normativo, poiché mira a garantire ai cittadini di essere seguiti da professionisti preparati come prevedono anche le disposizioni dell’Unione Europea, quale conditio sine qua non per poter garantire la circolazione dei medesimi nei confini dell’Unione.

Gli ordini si stanno impegnando per informare tempestivamente tutti gli iscritti, affinché raggiungano il monte crediti considerato l’imminenza della scadenza in modo da non lasciare nessun professionista impreparato. All’obbligo di acquisire i crediti occorrerà però associare un efficace processo di valutazione dell’impatto che gli eventi formativi sviluppano in capo ai partecipanti ad un corso (attività quanto mai necessaria sia per i corsi effettuati in presenza che in FAD-Formazione A Distanza, che nella fase di lockdown hanno spesso rappresentato l’unica possibilità di formazione e che rappresentano una soluzione di indubbia efficacia, oltre che di indubbia comodità).

La scadenza degli obblighi formativi cade in un momento in cui la pandemia ha modificato notevolmente lo scenario operativo: i costi del sistema sono cresciuti ma per contro non è aumentata la disponibilità di professionisti da immettere del sistema, anzi la carenza di professionisti induce a soluzioni non omogenee creando situazioni complesse. Sono ormai molti i professionisti fuori dai contratti a tempo indeterminato per ragioni economiche, di indipendenza operativa, di opportunità contingenti.

Ciò ha portato le aziende ad assumere personale con contratti differenziati (consulenti, gettonisti, soci di cooperative etc.) dove il mantenere e verificare i percorsi formativi non è il problema principale. Anche la loro posizione operativa non è così scontata. Vi sono infatti dei dubbi che queste persone (così come per gli enti convenzionati) possano compilare ricette immediatamente efficaci. Il sistema, onde non provocare gravi disguidi per i pazienti, deve precisare chi può compilare la cosiddetta ricetta dematerializzata. Si è anche proceduto ad individuare la “dematerializzata per conto”: una soluzione che permette di redigere una ricetta valida da parte di più soggetti (altri medici o personale qualificato) di cui si ha tracciabilità all’interno dell’azienda, ma che vengono inseriti nel sistema con i codici di un medico del servizio sanitario (gli universitari sono considerati alla stregua dei medici del SSN).

Si rischia che un medico possa operare un soggetto gravemente ammalato, ma non può compilare una ricetta obbligando il paziente a recarsi dal suo medico, per poi riportare la ricetta burocraticamente perfetta (passaggi non graditi quando già si sta male). Il sistema rischia di arrovellarsi in una miriade di regole e norme, perdendo di vista la vision e la finalità del sistema

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