di Claudia Popolo – Emanuele Davide Ruffino
Il senso di colpa viene spesso utilizzato come mezzo di controllo sociale e lavorativo all’interno del contesto sanitario, ed è impossibile negare il modo in cui esso sia così radicato e diffuso, da generare talvolta gravi ripercussioni, tra cui la tendenza a nascondere gli errori. La sottile differenza che separa i concetti di colpevolizzazione e responsabilità sul posto di lavoro, se non rispettata, è in grado di indurre nei lavoratori un pericoloso sentimento di paura per le conseguenze che li spinge ad agire per la salvaguardia di sé stessi, anziché per quella altrui. Un’indagine statistica rivolta al personale sanitario su territorio piemontese dimostra quanto frequentemente i dipendenti nascondono gli errori dopo aver ricevuto umiliazioni aggressive.
Gli effetti della colpevolizzazione
Dalle testimonianze di una coorte preselezionata di 95 operatori sanitari pubblici in Piemonte, emergono dati sconcertanti. Il questionario anonimo, somministrato a Febbraio/Marzo 2024, indaga in che misura i lavoratori vengano incolpati aggressivamente al compimento di un errore e quanto, come reazione spontanea, spesso siano tenuti nascosti. Il 43,2% degli intervistati subisce rimproveri altamente colpevolizzanti e aggressivi; il 31,6% li subisce di media intensità e il 25,2% di bassa intensità. In totale, ad essere soggetti ad atteggiamenti di medio/alta aggressività è ben il 74,8% del campione.
Venendo all’attitudine di insabbiare gli errori lavorativi, il 31,6% dei lavoratori nasconde solo piccoli errori di poco conto, il 15,8% nasconde anche errori gravi, il 30,5% dichiara i propri errori, ma solo per paura di eventuali ripercussioni ed il 22,1% non ha timore di ammetterli per via di un sano ambiente lavorativo. In totale, a tenere nascosti gli errori commessi sul posto di lavoro (più o meno gravi) è ben il 47,4% del campione. Allo scopo d’investigare su una possibile correlazione tra i due fattori, i dati sono stati riorganizzati ed esaminati tramite il software statistico R, applicando la tecnica di analisi di corrispondenza (CA) per l’analisi multivariata.
I risultati derivanti dall’indagine mostrano una conferma dell’ipotesi posta. Un atteggiamento di colpevolizzazione aggressiva (AGG alta) è infatti correlato con la tendenza a nascondere gli errori, per la maggioranza i più piccoli, e a seguire anche errori gravi. Con un atteggiamento di aggressività mediocre (AGG_media) invece, gli errori vengono tenuti meno nascosti, ma ciò avviene semplicemente perché i dipendenti temono le ripercussioni che potrebbero subire. La motivazione alla base del riconoscimento dei propri errori, in tal caso, non è la prevenzione di possibili incidenti o l’interesse a svolgere un buon lavoro, bensì la paura di poter incorrere in conseguenze peggiori. Viceversa, un grado di aggressività bassa (AGG_bassa) spinge i lavoratori ad ammettere i propri errori e a prendersi le proprie responsabilità, creando un ambiente lavorativo vantaggioso anche per la prevenzione di eventi avversi più gravi.
Il comfort della colpa
L’atteggiamento di colpevolizzazione aggressiva verso chi sbaglia si rivela dunque controproducente, poiché favorisce la proliferazione di errori latenti, delle vere e proprie bombe a orologeria pronte ad esplodere sotto forma di eventi avversi, di cui è difficile negarne la conoscenza. In un contesto sanitario, il cui fine ultimo è la cura dei pazienti, una cultura rigida e colpevolizzante influenza troppo facilmente la qualità delle prestazioni offerte, peggiorando la situazione sanitaria e inibendo la capacità di apprendimento dall’errore.
La ricerca di un “capro espiatorio” da incolpare, oltre a generare comportamenti di occultamento errati da parte del personale sanitario, rappresenta un deterrente per non far fronte alle vere e profonde cause organizzative degli incidenti: mancanza e/o errata dislocazione del personale, ritmi massacranti, età lavorativa, disorganizzazione e supporti informatici non adeguati, sono solo alcuni esempi. L’attribuzione della colpa è un comfort, una questione di comodità per la quale è più facile scaricare la responsabilità al singolo individuo che analizzare i fattori latenti di natura organizzativa e manageriale. Commettere errori fa parte della natura umana, è inevitabile, anzi da Galileo Galilei è parte fondamentale della scienza non più basata su dogmi, bensì su sperimentazioni. Proprio per tale motivo e soprattutto nel contesto sanitario, il passaggio dalla “cultura della colpa” ad una “cultura dell’errore”, in cui l’errore non viene condannato, ma percepito come mezzo di apprendimento e parte del processo, apporterebbe un netto miglioramento non solo alla vita degli operatori sanitari, ma anche ad ogni individuo fruitore dei servizi.