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Mobilità interregionale: come si colloca il Piemonte

di Davide Emanuele Ruffino e Carla Bertinetti

La fondazione Gimbe ha pubblicato i dati relativi alla situazione dei flussi migratori (quelli che in economia si chiamerebbero import/export sanitario) tra regioni in ambito sanitario rilevando un “mercato” da 4,25 miliardi di prestazioni sanitarie. Il flusso si sviluppa principalmente dal Sud verso il nord, ma il Piemonte è ai margini per capacità attrattiva del 6,8% (preceduta dalla Lombardia con il18,7 dall’Emilia Romagna il17,4, dal Veneto 12,7 e dal Lazio 9,5: dati 2021). Se si osserva la mobilità passiva il Piemonte con i suoi 253.7 milioni rappresenta il 5,97% del totale: un saldo attivo di circa 12.2 milioni che però non ci permette di collocarci tra le Regioni più attrattive.

I flussi migratori in ambito sanitario possono essere letti come una profonda diseguaglianza se riguardano prestazioni essenziali di base o un raggiungimento di specializzazione se riguardano patologie rare: alcune di queste trovano concretizzazione solo in alcuni centri specializzati a livello mondiale e rappresentano la capacità di concentrare risorse ed esperienze in modo da velocizzare i progetti di ricerca. La situazione italiana sembra essere maggiormente condizionata dalla rima fattispecie, anche se da conteggio andrebbero sterilizzate le migrazioni di contiguità dove lo spostamento è caratterizzato più da ragioni logistiche che non da scelte riguardanti le preferenze di sistema.

A preoccupare più che i valori assoluti sono i trend che in costante aumento (e che con il superamento della fase pandemica sono destinati a crescere ulteriormente) ed il fatto che le regioni che presentano una mobilità passiva sono anche quelle che accumulano più deficit. Parimenti nelle Regioni più attrattive si rileva una presenza del privato nelle sue diverse articolazioni (accreditato, no profit, privato puro, che seppur in crescita presenta percentuali decisamente inferiori a quelle presenti nella Comunità Europea). Ed il Piemonte si presenta, in termini di valore percentuale di mobilità sanitaria erogata da strutture private, sotto la media: 54,7 quella nazionale, 52,4 quella Piemontese.

Nel prossimo futuro, a preoccupare non sarà solo la mobilità interregionale ma, considerata l’impossibilità di aumentare i divieti di recarsi all’estero per farsi curare, anche la mobilità verso le altre nazioni europee ed il Piemonte, confinando con la Francia (Paese UE) e con la Svizzera (Paese con cui si sono tradizionalmente presente accordi per la gestione delle frontiere al punto di annoverare una significativa presenza di lavoratori transfrontalieri), è in prima linea. Le potenzialità di spostamento e il livello culturale raggiunto dalla popolazione rendono sempre più agevole la possibilità del singolo cittadino di muoversi nel ricercare soluzioni che maggiormente soddisfano (o illudono di soddisfare) le proprie esigenze (anche se ad accedervi saranno le fasce maggiormente benestanti e più acculturate della popolazione) e ciò rende sempre meno attuale il dibatto sulle scelte ideologiche ma obbliga a ricercare e a potenziare le soluzioni che oggettivamente soddisfino le diverse esigenze di natura sanitaria: sfida che chi dispone di più soluzioni gestionali alternative è meglio preparato ad affrontare potendo offrire soluzioni manageriali più flessibili ed efficienti.

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