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La salute inizia con l’ergonomia

di Lorenzo Pozzobon Ruffino Emanuele Davide

 

Le condizioni di lavoro sono precondizioni per sostenere i livelli di produttività, che in Italia rappresentano un tallone di Achille, al cui superamento non si è mai prestato grande attenzione. Un aiuto a risolvere l’annoso problema può essere offerto dalle scienze ergonomiche che offrono la possibilità per una

persona di impegnarsi in attività significative che hanno uno scopo e un risultato concreto. La sanità tramite le tecniche elaborate dalla Terapia Occupazionale può offrire un significativo contributo tramite interventi terapeutici finalizzati ad implementare le capacità e le competenze delle persone nell’esecuzione di attività produttive, oltre a rimuovere o gestire le barriere che possono ostacolarne lo sviluppo.

Una prova tangibile di questo discorso sono gli studi che hanno preso avvia da una tesi presentata all’Università Cattolica di Moncrivello sulle problematiche derivanti dalla comprensione delle sfide connesse all’utilizzo dell’arto superiore nell’ambito dell’artigianato orafo di Valenza. In una conferenza tenutasi il 16 aprile nella città nota in tutto il mondo per la produzione orafa si sono esaminate le possibilità di realizzare interventi e strategie di Terapia Occupazionale, volti all’ottimizzazione delle prestazioni lavorative e al potenziamento del benessere psicofisico degli operatori di questo settore.

 

Era il 1825, quando Francesco Caramora decide di registrare il suo punzone e assumere due apprendisti, dando vita alla produzione orafa che come quasi tutte le forme artistiche (pittura e musica in primis) presuppongo un perfetto uso degli arti superiori, per esprimere al meglio le loro capacità artistiche. La compromissione di queste funzioni rappresenta una grave menomazione per l’interessato e una riduzione delle potenzialità artistico produttive ed è quindi compito del sistema cercare di limitare, se non invertire, la tendenza.

Dall’indagine svolta su un campione esaustivo di 389 soggetti, ben 144 (il 37%) ha dichiarato di aver avuto dolore recentemente. Si tratta di una percentuale significativa, anche se la mancanza di una diagnosi, probabilmente data dalla mancanza di notorietà di queste patologie da parte dei lavoratori, non permette uno studio con basi più solide. Solo 36 (9%) hanno dichiarato di esser affetti da patologie agli arti superiori certificate da una diagnosi medica. Le patologie prevalenti risultano essere tendinopatie (50%) e neuropatie periferiche (36%). Tra i risultati ottenuti, è notevole la completa assenza di patologie a carattere reumatico, come artrosi e artrite reumatoide.

Questa sottopopolazione di 36 individui ha poi potuto accadere alla compilazione della scala QuickDASH e da questa sono emerse varie problematiche legate alle sfere occupazionali, in particolare quella lavorativa e quella della cura personale. Tale constatazione ha indotto un’analisi degli strumenti di lavoro usati di frequente, evidenziandone le intrinseche problematiche ergonomiche e i possibili adattamenti. L’obiettivo è stato quello di migliorare le prestazioni lavorative e occupazionali dei lavoratori, sia in una prospettiva preventiva che nel contesto del ritorno al lavoro dopo problematiche legate agli arti superiori. Nel contesto di lavori futuri, una particolare enfasi dovrebbe essere posta sulla scrutinizzazione approfondita dei dati provenienti dai 389 questionari completati. Ciò diventa ancor più cruciale considerando l’attuale lacuna nella letteratura scientifica riguardante questa specifica popolazione, per la quale non sono al momento disponibili articoli o dati comparabili. Per questo si auspicano studi più approfonditi sui singoli utensili mediante un’analisi dettagliata sull’ergonomia degli stessi e le sue molteplici sfaccettature.

Per un pieno successo dell’operazione presuppone un intenso coinvolgimento degli artigiani nel processo di progettazione di prototipi ergonomici, non solo come fruitori finali ma come preziosa fonte di informazioni sulle loro esigenze e preferenze specifiche. Il coinvolgimento attivo può consentire di raccogliere feedback dettagliati sulla forma, dimensione e prestazioni, fornendo così un quadro completo delle dinamiche di utilizzo in situazioni reali. Questo coinvolgimento dovrebbe includere sessioni di valutazione pratica, in cui gli orafi testano prototipi di utensili e forniscono feedback in tempo reale, il cui modello può essere esteso a più situazioni che si presentano tra chi esercita lavori manuali che pretendono una particolare sensibilità. Tale approccio multidisciplinare, coinvolgendo da un lato personale sanitario, psicologi ed esperti in ergonomia, e dall’altro operatori economici, imprenditori ed operatori professionali può offrire il substrato per uno sviluppo sulle conoscenze per rispondere alle esigenze pratiche nella quotidianità lavorativa, contribuendo alla progettazione di strumenti ergonomicamente ottimali e adeguati ad esigenze specifiche.

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