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PNRR. Parte il dibattito su come gestire i fondi per la sanità Piemontese

I Fondi Europei dovrebbero permettere l’avvio di un profondo progetto di riforma della Sanità: un primo passo è stato fatto con l’approvazione del Decreto Ministeriale 71 del 5 maggio ’22  ma che deve essere adottato entro il prossimo 30 giugno, per non correre il rischio di perderli (e non sarebbe la prima volta che l’Italia manca all’appuntamento).

Il principio base della riforma si basa su un potenziamento della sanità territoriale in modo di rendere maggiormente appropriato il livello cui si erogano le prestazioni. L’attuale situazione vede un eccessivo ricorso a forme di intervento more expencive, quali il ricovero ospedaliero e gli accessi al pronto soccorso a scapito di forme più adeguate alle esigenze specifiche dei pazienti. Per assurdo si corre il rischio di ricorrere sistematicamente alle soluzioni più care, a scapito di quelle più efficaci: in quest’ambito rientrano anche i ritardi nel predisporre attività riabilitative a seguito di interventi chirurgici.  La risposta operativa è il potenziamento dei distretti sanitari e delle case di comunità per ridurre gli accessi impropri al pronto soccorso e ad altre forme di cura intensiva.

Il cambiamento è essenzialmente culturale ma non può prescindere dalla predisposizione di idonee strutture in grado di supportare detto cambiamento. Il PNRR dovrebbe destinare alla Missione Salute € 15,63 miliardi una percentuale significativa (l’8,16% dell’importo complessivo), cui si aggiungono 2,89 miliardi del euro Piano nazionale per gli investimenti complementari (PNC), per sostenere il processo di riforme, attraverso investimenti specificatamente dedicati.  Investimento, per altro ancora inferiori a quelli predisposti negli altri Paesi Europei. Per il Piemonte è previsto quasi un Migliardo (solo Lombardia Campania e Sicilia ci superano).

 

Il predisporre servizi di prossimità in modo da evitare che il ricorso al Pronto soccorso risulti l’unica possibilità significa agire sia con il portare alcuni servizi direttamente a casa del paziente, (attraverso l’uso sempre più massivo della telemedicina e con la predisposizione di interventi domiciliari), sia con il predisporre luoghi di facile accesso articolandoli per livelli di complessità (da strutture hub da predisporre ogni 40mila-50mila abitanti, fino a giungere agli ambulatori dei medici di famiglia). Ogni cittadino dovrebbe così trovare una struttura di riferimento in rapporto alla gravità della prestazione, limitando gli spostamenti.

Il concetto di distanza in ambito sanitario assume più significati:

– Distanza fisica: lo spazio metrico tra il punto sanitario e il luogo dove il soggetto avverte il bisogno sanitario (questa distanza è calcolabile con la massima oggettività).

– Distanza temporale: considerando le possibilità logistiche disponibili (mezzi propri, mezzi pubblici, altre forme di trasporto) rappresenta il tempo necessario per raggiungere il punto sanitario e viene espressa in unità di tempo.

– Distanza sociale: in questo caso la metrica è calcolata sull’integrazione sociale e culturale, cioè sulla maggiore o minore difficoltà, in assenza di vincoli formalizzati, nel saper accedere ai servizi necessari e/o strutture sanitarie, in modo razionale.

– Distanza contingente, dettata dalla possibilità di movimentazione: indipendentemente dagli aspetti prima considerati, possono sorgere facilità o difficoltà di accesso collegabili alle possibilità o comodità di movimentazione di un paziente o dei familiari che intendono seguire il ricovero.

Riformulare il servizio sanitario in base alla razionalità di accesso significa riprendere quell’insieme di studi, riconducibili alla corologia (coros luogo, logos ragionamento) volti ad approfondire le conoscenze sulle ragioni che spiegano la distribuzione, su un determinato territorio, delle strutture sanitarie realizzate per fronteggiare i problemi connessi con le condizioni di salute.

La distribuzione degli ospedali e degli altri elementi strutturali di cui necessita un sistema sanitario può o deve, se vengono attivate razionali forme di programmazione, seguire regole o schemi dettati da scelte economiche che devono essere analizzate per perseguire una gestione razionale del territorio su cui gravita una collettività.

L’Italia vanta i record di durata di alcuni edifici dedicati alla cura delle persone: dall’edificio che per quasi un millennio ha svolto la funzione di ospedale a Siena, all’ospedale San Marco dietro all’omonima Basilica a Venezia ancor oggi destinato a erogare prestazioni sanitarie. Costruiti secoli fa, non è detto che la loro collocazione e le loro caratteristiche corrispondano ancora alle esigenze attuali e per questo si pone la necessità di rivedere la mappa della dislocazione dei servizi sanitari. Ma per operare questa riorganizzazione bisogna gerarchizzare gli interventi ed individuare modelli che rispondano a principi di razionalità ed equità distributiva e non essere assillati dallo spendere subito i fondi rispettando i parametri burocratici e non la visione d’insieme.

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