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La lezione sulla comunicazione al tempo del covid

di Loredana Masseria

Un’organizzazione, come lo Stato, un’azienda, un Ente, può subire le conseguenze di un evento imprevisto ed eccezionale che crea gravi problemi di gestione soprattutto quando ha un forte impatto mediatico. Il sistema di comunicazione di crisi è definito bene da Luigi Norsa: “Quando parliamo di crisi ci riferiamo ad una serie di situazioni molto diverse fra di loro, ma con degli aspetti comuni: un’enorme pressione sia sul lato emotivo che sul fronte temporale (…) un’accelerazione improvvisa degli eventi, che richiede decisioni e azioni in tempi che sono inusuali per gli usi e le abitudini dell’azienda e del suo management“.

Ricorderemo il Covid per tanti motivi e, tra questi, vi è di certo il corto circuito nell’informazione che ha investito la popolazione e ha accompagnato i tre anni più straordinari della storia di ciascuno di noi a partire da quel giorno di marzo 2020 in cui tutti hanno compreso il significato della parola Lockdown. La ASL Città di Torino, in una serie di approfondimenti, tra il 2020 e il 2022 ha cercato dare un contributo alla comunicazione di crisi in ambito sanitario per contrastare l’isteria della cosiddetta  infodemia.

 

Occorre dire, innanzitutto, che l’informazione delle pubbliche amministrazioni, attraverso i propri siti, in generale  è stata adeguata e, nella nostra azienda l’allora Commissario, oggi Direttore Generale, dott. Carlo Picco, è stato il portavoce del DIRMEI e della Asl Città di Torino lavorando in sinergia con esperti qualificati come il prof. Giovanni Di Perri, Direttore della SCdU Malattie Infettive dell’Ospedale Amedeo di Savoia e Direttore Scientifico del Dirmei. Ricordiamo, ad esempio, le informazioni utili nel video del 22 dicembre 2020 che fornivano ai cittadini le informazioni corrette  per effettuare una scelta consapevole in merito alla vaccinazione. In quell’occasione fu attivata anche una casella email per raccogliere i dubbi degli operatori dell’Asl. L’obiettivo è sempre stato quello di dare notizie chiare e verificate per sviluppare la ‘consapevolezza’.

Inoltre, dall’analisi sul corto circuito avvenuto nella gestione della comunicazione sul covid, a livello internazionale, sono stati pubblicati una serie di articoli[2] dai quali abbiamo estrapolato alcuni stralci. Punto di partenza lo scoppio della pandemia – marzo 2020 – e la reazione dei cittadini.

 

Alberto Sinigaglia lo spiega così: “Nelle prime settimane della pandemia la gente è tornata alle edicole e ha seguito i telegiornali come non faceva da tempo. Il Tg1 Rai ha superato i 10 milioni di utenti, <La Stampa Web> ha avuto impennate del 110 percento rispetto ai giorni precedenti. Chiaro segno che la preoccupazione e la paura portava i cittadini a non fidarsi più delle chiacchiere dei “social” e di certi “talk show”. Cercava notizie sicure, garantite da professionisti dell’informazione. Con l’attenuarsi dell’emergenza siamo ricaduti nella molto minore frequentazione delle edicole. Diminuite le vendite dei giornali, sono diminuite le utenze di tv, radio e web.  E il cortocircuito è avvenuto. Sarebbe stato evitabile?

 

Non dal giornalismo italiano di oggi, per una serie di problemi. Il giornalismo italiano ha perso tempo e perso occasioni per riprendere quota”.

La fiducia nel Governo nei primi mesi della pandemia è aumentato in modo inaspettato sia in Italia e che negli altri Paesi europei. E’ una reazione da ‘manuale’: l’aumento di popolarità dei governi durante le emergenze sono da riferirsi al fenomeno del cosiddetto ‘rally ’round the flag effects’ (Mueller, 1970). L’opinione pubblica, di fronte ad una emergenza che genera angoscia, si stringe intorno ai propri leader politici accettando anche misure restrittive necessarie per fronteggiarne l’impatto. Questo effetto però deve essere temporaneo, in un tempo limitato; col tempo, il consenso inizia a calare. I dati sul gradimento dell’operato del Governo pubblicati dall’Osservatorio Scienza Tecnologia e Società dicono che nell’aprile 2020 era positivo per il 65,6% degli intervistati, mentre ad ottobre era calato al 49,6%.

E’ in questo periodo iniziale che gli italiani cantano nei balconi, regalano cibo agli infermieri e ai medici e li chiamano angeli ed eroi.

A tal proposito riprendiamo l’interpretazione del prof. Tipaldo: “Come studioso di narrazioni, io l’ho interpretata come una risposta ad una pandemia o comunque ad un evento molto più grande di noi, catastrofico. Per cercare di dare un senso a quello che sta succedendo e, in risposta all’inatteso, noi ci difendiamo costruendo delle grandi storie. Alla base di queste grandi narrazioni esistono le stesse logiche e gli stessi meccanismi che stanno dietro alle nostre storie, alle storie che leggiamo ai bambini piccoli o che ci leggevano quando eravamo piccoli noi. Il meccanismo è lo stesso, esiste un protagonista che è l’eroe, qualcuno che deve essere salvato, un cattivo o più cattivi, che sono gli antagonisti e poi esistono una serie di “cose” che possono salvare o fare dei malefici: si chiamano elementi magici, incantesimi. Noi siamo all’interno di una grande narrazione che è la narrazione della pandemia, dentro questa narrazione gli “eroi” sono innanzitutto coloro che addirittura ci hanno rimesso la vita, hanno rischiato per cercare di curarci(…)”.

“Ma le storie sono fatte di eroi e di antieroi. La cosa che secondo me va evidenziata, ed è interessante, è elemento “magico” perché, se ci pensiamo, da tre mesi continuiamo ad essere bombardati da messaggi più o meno autorevoli di scienziati e medici che si espongono ma noi non riusciamo a cogliere la notizia. Gli elementi magici sono le cure miracolose, i farmaci efficaci che poi si scopre che non lo sono…”.

 

Sul lato istituzionale nel racconto di Giampietro Del Tito (CRI Italiana) lo stupore iniziale, il fattore umano e l’improvviso tzunami che si è scatenato: “Il Covid ci ha colto impreparati. E’ stata un’emergenza come quella descritta nei manuali. I primi campanelli d’allarme li abbiamo avuti a fine febbraio, perché leggevamo le notizie di cronaca e comprendevamo che c’era qualcosa che stava succedendo. All’improvviso scoppia il COVID, le notizie ci allarmano ma ancora eravamo sopiti non avevamo la percezione; la certezza è arrivata quando, come un’inondazione, è arrivata la massa di richieste d’aiuto.

 

Inizialmente le notizie erano contrastanti tra due scuole di pensiero: allarmisti contro ottimisti. Se ascoltavi gli allarmisti dovevamo correre immediatamente a comprare i DPI, per gli ottimisti non era necessario. Noi normalmente i DPI non li utilizziamo; li conosciamo, ma l’utilizzo non è frequente in tempi ordinari.”

A metà marzo iniziamo a comprare i DPI, ho deciso di iniziare le ordinazioni dei DPI anche se ancora predominava l’idea ottimistica. Ci siamo così organizzati, abbiamo fatto rete, abbiamo iniziato a sentirci con tutti i Comitati della provincia per scambiarci informazioni. Le CRI tutte si sono comportate bene, hanno risposto in maniera aggregata, con la CRI di Torino ci siamo agganciate al sistema della Regione (…) Abbiamo reagito immediatamente ponendoci in una stato di “allerta”. Però “allerta” vuol dire che eravamo pronti a partire, ma non sapevamo per cosa e come partire. Abbiamo preparato la base organizzativa sotto il profilo amministrativo, operativo e l’Unità di Crisi del DIRMEI ci ha coinvolto con i nostri rappresentanti (…). L’Unità di Crisi e la Regione hanno risposto nel migliore dei modi, considerando le notizie contrastanti che arrivavano a livello internazionale e di conseguenza anche nazionale”.

Già, notizie contrastanti. E questo apre  la riflessione sul mai cessato conflitto tra conoscenza scientifica e informazione scientifica. I motivi sono abbastanza comprensibili: la conoscenza scientifica si sviluppa per step, si basa su evidenze scientifiche che hanno una natura processuale e graduale e non può essere considerata come qualcosa di statico, valido una volta per tutte. Anzi è soggetta ad una trasformazione continua: quello che è ritenuto valido oggi, potrebbe non esserlo più domani e il Covid ne ha dato dimostrazione. Durante la pandemia non solo la scienza si è dimostrata “impreparata” ma anche divisa. Per chi si occupa di scienza questo è normale ma vi sono dei luoghi ben riconoscibili e circoscritti per discutere le tesi e gli sviluppi sulle ricerche scientifiche: simposi, convegni, riviste scientifiche. Spostare quel luogo verso i talk show e i social media, con interlocutori diversi, modifica il pubblico di riferimento che si allarga ad una platea ampia e indifferenziata declassando gli studi scientifici a mere ‘opinioni’.

Durante la pandemia abbiamo imparato parole nuove: infodemia, disturbi informativi, disinformazione, captologia ed è sempre Sinigaglia ad intravedere il pericolo della società che “…percepisce di essere “continuamente informata” attraverso il telefono o il computer. E’ quella percezione per la quale c’è chi si accontenta della “comunicazione” e si allontana dall'”informazione”. La “comunicazione” è un bombardamento incessante di verità e di falsità che si intrecciano e si confondono. L’ “informazione” distingue ciò che è vero da ciò che è falso. La scuola, le famiglie e quanti altri fanno educazione devono affrontare questo problema della società. Giornalisti ed editori devono trovare insieme con urgenza il modo di ridare all’informazione i mezzi e i tempi  per la verifica, per la cura, in sostanza per ritrovare dignità, qualità, affidabilità”. “(…) il giornalismo ha una missione sola: cercare la verità, offrirla ai cittadini, i quali ne hanno diritto.  Solo sapendo, conoscendo, i cittadini possono comprendere, valutare, ragionare, giudicare, scegliere, decidere. I giornalisti sono, devono essere, i guardiani contro le “fake news”, i garanti di una società libera in quanto informata”.

I media ci dicono cosa pensare e come farlo; decidono di trattare un certo argomento, come trattarlo, suggeriscono su quali temi avere un’opinione e il tipo di narrazione. La televisione ha visto il susseguirsi, fin dall’inizio della pandemia, di una sequela mai vista prima di esperti che si alternavano nei diversi studi televisivi che spesso venivano fatti interloquire, in una condizione di par conditio con un pubblico di profani, dove uno vale uno, delegittimando l’opinione degli scienziati considerata valida tanto quanto quella di chi parla senza cognizione di causa. Le conseguenze le conosciamo.

Il  prof. Tipaldo ha definito la reazione degli scienziati: “Si tratta del primo caso di narcisismo social pandemico della comunità scientifica. Non è mai capitato nella storia della comunicazione una reazione di questo tipo da parte della comunità scientifica che per la prima volta, vista la gravità della situazione, si è esposta senza filtri nella comunicazione pubblica ma  evidentemente non sempre facendo attenzione a una cosa fondamentale, e cioè cosa può recepire un destinatario non addetto ai lavori. Ad esempio dire che “il virus è clinicamente scomparso” non è sbagliato, ma nel momento in cui si comunica ad un pubblico indifferenziato occorre utilizzare un linguaggio semplice e chi emette il messaggio deve calarsi nella persona meno competente che in quel momento sta seguendo una trasmissione.

La conseguenza di questa affermazione è che per il cittadino il virus non c’è più e non esiste. Le persone spesso leggono solo i titoli e recepiscono quello che comprendono ma, anche lo scienziato che va in televisione, deve ricordarsi che in quel momento è un comunicatore e dovrebbero imparare le regole della comunicazione proprio per non esporsi. E’ per sin banale. (…)

 

Per cercare un modo esemplare di comunicazione istituzionale corretta, filtrata, verificata, ci siamo rivolti all’Esercito e, nell’intervista al Generale Cuoci, scopriamo che nel corso dell’iter formativo degli Ufficiali dell’Esercito sono contemplate dal piano didattico annuale delle lezioni tenute dall’Ufficio Pubblica Informazione e Comunicazione dello Stato Maggiore dell’Esercito.

La Difesa e, più in generale, la Forza Armata sono abituati a pianificare. Il Ministero della Difesa redige il Programma di Comunicazione, che è il documento contenente le iniziative di comunicazione che le varie articolazioni della Difesa devono realizzare. Esso contiene le indicazioni metodologiche e procedurali da attuare ed illustra, in una visione unitaria e coordinata la strategia, gli obiettivi e i temi della comunicazione istituzionale”.

La formazione degli Ufficiali si svolge ininterrottamente dalla sua fondazione nel 1739 e vanta grandi studiosi come insegnanti.

La nostra autorevolezza nella comunicazione ci supporta perché deriva dalla tradizione nell’ambito della formazione, una tradizione comunicativa sostanziale e scientifica sempre attenta a quelli che sono i mutamenti esterni che possono influenzarla”. Non solo.

Il Generale ricorda i principi cardini della deontologia dei comunicatori: “Ricollegandoci alla credibilità nella comunicazione attraverso la nostra tradizione formativa, ritengo che questa si possa ottenere da qualsiasi organizzazione, attraverso lo sviluppo e l’applicazione di quei principi che sono tipici delle Forze Armate Italiane, quali: la preparazione professionale, l’addestramento, lo spirito di sacrificio e l’umanità”.

 

Ci avviamo alla conclusione e “spirito di sacrificio e umanità” sono due belle parole che permettono di ricordare i professionisti della salute che hanno subito uno shock nel loro modo di comunicare col paziente. Quella relazione dal volto umano, spezzata dal covid, dove sono fondamentali il tocco, gli odori, la carezza, l’aiuto e la cura.

M.R., infermiera dell’Ospedale Amedeo di Savoia, descrive quel periodo da marzo 2020 così: “Nel reparto Covid cambiano i rumori, sono diversi, i monitor suonano incessantemente e sono la colonna sonora della giornata. I pazienti da marzo ad oggi sono cambiati: ad aprile i pazienti erano tutti novantenni, e sono morti in tanti, era atroce per tutti quanti noi avere a che fare con la morte. Erano pazienti anziani, soli, spaventati, che imparavano in quei giorni a fare una videochiamata con i parenti. Noi eravamo bardati e non c’erano odori in reparto, solo i rumori dei monitor”.

“Eravamo bardati completamente e questo non ci permetteva di lavorare agevolmente; per fare i prelievi, ad esempio, mettevamo due paia di guanti e questo comporta riduzione di sensibilità nelle mani per cui, quando dovevamo fare un prelievo arterioso che già è doloroso, dovevamo fare molto attenzione perché sbagliare significava aumentare notevolmente il dolore, e questo è faticoso sia per il paziente sia per te che lo devi fare. Le nostre bardature erano ermetiche, faceva caldo, non puoi mangiare, fare pipì, vivi isolato. Sei solo tu, il paziente, la corsia”. “I pazienti Covid-19 non dormono ma ti guardano. Non dormivano perché avevano paura e perché cercavano l’aria. Quando riuscivano a parlare, ci raccontavano delle loro vicissitudini da giovani, di quando andavano in Chiesa…”, “Quanti racconti ho ascoltato, abbiamo festeggiato compleanni, fatto videochiamate, ma poi la fame d’aria… e loro che ti guardavano con questi occhi enormi, sgranati, che chiedevano aiuto e risposte, ma noi risposte non ne avevamo, e ti sentivi ancora più impotente; un grande senso di frustrazione per non poter fare nulla se non supportarli con l’ossigeno, ma poi non bastava più neanche quello e non miglioravano più. Non ho mai visto l’Amedeo di Savoia così tanto trafficato di ambulanze…”.

 

 “La fame d’aria è tremenda ed è un po’ come quando sei sottacqua e cerchi di raggiungere la superficie per respirare. Nel letto 4b la signora F. aveva due ciuffetti neri che le scendevano sul viso, aveva la maschera Venturi e ad un certo punto comincia ad agitarsi e voleva scendere dal letto per la fame d’aria. Mi guardava, con questi occhi, magrissima…ricordo questa scena, l’abbiamo riposizionata nel letto, e continuava a guardarmi con occhi che urlavano “Aiuto” di aria e aria, una volta stabilizzata, dentro di me, non sapevo cosa dire e cosa fare, allora mi sono seduta sul suo letto, l’unica cosa potessi fare è stata di prenderle la mano, le ho aggiustato i capelli dietro l’orecchio, l’ho guardata negli occhi e le ho stretto la mano. Questo è tutto quello che ho potuto fare… ma io penso che le sia arrivato il conforto di una persona, un gesto di affetto”.

Ed infine le parole di un medico.

La soddisfazione, magra direi, ma pur sempre questo era, la netta consapevolezza di avere cambiato il mio metodo di lavoro, senza che nessuno mi avesse insegnato niente.

Il virus mi costringeva a curare i piccoli gesti, e mi faceva vedere tutta la conoscenza sotto un altro punto di vista. Era come se tutte le altre malattie fossero andate via lontano per lasciare il campo libero a lui solo egoista sfrenato”.

Oggi abbiamo la consapevolezza  di poter affrontare un possibile riesplodere del covid con mezzi migliori non solo da un punto di vista scientifico ma anche l’informazione è più attenta a non cedere alle tentazioni del sensazionalismo. Noi siamo pronti.

[1] https://www.aslcittaditorino.it/vaccino-anti-sars-cov2/ e https://youtu.be/HFfym52wWeE

[2] https://www.aslcittaditorino.it/storie-che-raccontano-la-tua-asl-pubblicazioni/

[3] https://www.aslcittaditorino.it/wp-content/uploads/2021/08/Gigi-Ghirotti-e-il-nuovo-tunnel-della-malattia.pdf

[4] Intervista a Silvia Innocenti https://www.aslcittaditorino.it/wp-content/uploads/2022/06/Approfondimento-Intervista-silvia-1.pdf

[5] https://www.aslcittaditorino.it/wp-content/uploads/2021/08/2-Coronavirus-e-societa.pdf

[6] Giampiero Del Tito è Referente Provinciale della Cri Comitato Regionale del Piemonte per la Provincia di Torino https://www.aslcittaditorino.it/wp-content/uploads/2021/08/4-La-Croce-Rossa-il-Covid-e-la-necessita-di-giovani.pdf

[7] https://www.aslcittaditorino.it/wp-content/uploads/2021/08/Gigi-Ghirotti-e-il-nuovo-tunnel-della-malattia.pdf

 

[8] https://www.aslcittaditorino.it/wp-content/uploads/2021/08/2-Coronavirus-e-societa.pdf

[9] https://www.aslcittaditorino.it/wp-content/uploads/2021/08/1-Coronavirus-e-comunicazione-di-crisi.pdf

Nel 2022 il generale Salvatore Cuoci era comandante per la formazione e scuola di applicazione dell’esercito Torino

 

[10] https://www.aslcittaditorino.it/wp-content/uploads/2021/08/Rumori-di-sottofondo-nel-reparto-Covid.pdf

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