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Bollino HFC.  Le Health Friendly Company

Le imprese ad alta “maturità aziendale” non si limita a produrre reddito o a erogare servizi ma è sempre più chiamata ad essere portatrice di benessere e sviluppo al proprio interno e in seno alla collettività cui appartiene.

In quest’ottica sono sempre di più le aziende che aderiscono ai programmi volti a promuovere sistemi di welfare basati sulla centralità alla persona, valorizzandone la loro umanità anche in un contesto lavorativo.

Non stupisce che fra le 37 aziende che hanno ottenuto il riconoscimento HFC Health Friendly Company (un riconoscimento attribuito per l’impegno nella tutela della salute e del benessere dei propri dipendenti) la maggioranza delle imprese operi in ambito sanitario e, in particolare, oltre alla AULSS Trevigiana, in quello farmaceutico (il premio è andato a Teva, Novartis, Roche, Merck, Janseen, Glaxo, Lifescienze, Baxter, Angelini etc.).

Organizzato dalla Fondazione Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere) il riconoscimento mette in evidenza l’importanza di promuovere sistemi di welfare sempre più avanzati che restituiscono centralità alla persona, valorizzandone la loro umanità anche in un contesto lavorativo.

Il progetto si basa su una adesione volontaria che oltre al riconoscimento offre un percorso formativo (webinar, video informativi, decaloghi) alle aziende per l’impegno nella tutela della salute dei propri collaboratori attraverso specifiche policy.

L’iniziativa ha riscosso il patrocinio dell’ADI – Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica, dell’AIBA – Associazione Italiana Brokers di Assicurazioni e Riassicurazioni, dell’AIWA – Associazione Italia Welfare Aziendale, dell’ANIA – Associazione Nazionale fra le imprese Assicuratrici, del CEOforLife, dell’Egualia – Industrie Farmaci Accessibili, di Farmindustria, della FERPI – Federazione Relazioni Pubbliche Italiana, della SIML – Società Italiana di Medicina del Lavoro, della SINPF – Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia e della Sustainability Makers.

Nella società post covid emerge con sempre maggiore consapevolezza che il perseguimento del profitto deve essere affiancato ai concetti di responsabilità sociale e welfare aziendale, intese come tutela del contesto in cui opera l’azienda e controllo dei rapporti con i suoi dipendenti e terze parti in maniera equa ed etica. Cresce così l’impegno sia dal punto di vista del capitale umano (mettendo a disposizione servizi specifici per i propri dipendenti) sia, per quanto riguarda l’ambientale, impegnandosi a diminuire gli impatto negativi.

Il welfare aziendale assume così la funzione di un insieme coordinato di azioni volte al miglioramento delle condizioni di vita dei soggetti che, a vario titolo, hanno a che fare con l’azienda. Esempi pratici sono offerti dagli asili interni (fondamentali per fidelizzare i dipendenti), sovvenzioni al trasporto non inquinante come l’acquisto di tessere dei mezzi di trasporto, la sottoscrizione di polizze assicurative, la fornitura di supporti per la protezione, oltre a quelli previsti dalla norma, la disponibilità di locali per il relax e per l’attività fisica, offerta di prodotti culturali etc).

Un grande piemontese, Adriano Olivetti, proponeva la lettura di poesie o di brani letterali alle maestranze impegnate nei suoi stabilimenti, in quanto considerava la crescita culturale un presupposto per la creazione di un substrato favorevole al progresso aziendale.

La capacità delle imprese di creare welfare aziendale s’integra così con il welfare di stato o di sistema nel momento in cui ne viene favorita la sua formazione, in primis, con agevolazioni fiscali per i suddetti acquisti o con altre agevolazioni volte a sostenere il consumo di merit goods. Il benessere aziendale, se da un lato toglie alle autorità pubbliche il monopolio sulla materia, dall’altro permette di completarlo in ogni momento della vita lavorativa, così come individuato anche dal Libro Verde della Commissione Europea, emanato nel 2001 che individua il concetto di responsabilità sociale dell’impresa (o Corporate social responsibility, Csr).

Tale documento definisce come un’impresa socialmente responsabile è colei che oltre a gestire i propri affari, controlla anche gli effetti sociali e ambientali: quindi si può affermare che essere socialmente responsabili significa non esclusivamente rispettare gli obblighi giuridici, ma anche investire nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con parti terze che sono in qualche misura legate all’azienda. In quest’ottica, le imprese sono parte integrante del contesto sociale, economico e politico in cui si trovano ad operare e quindi non sono considerate solo per il loro aspetto economico ma anche sotto il punto di vista sociale (http://www.europarl.europa.eu COM(2001)366.).

La Commissione definisce il welfare aziendale come: “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”.

I vantaggi per un’impresa, nell’adottare politiche di welfare aziendale coinvolgono i seguenti aspetti:

  • clima aziendale: accrescimento del senso di appartenenza alla struttura, con miglioramento dei rapporti interni;
  • rapporti con la comunità locale: attenzione al territorio in cui opera l’azienda con conseguenze positive sulla qualità della vita della comunità;
  • reputazione e fidelizzazione: miglioramento della reputazione aziendale e clientela fidelizzata a seguito di iniziative socialmente responsabili protratte nel tempo;
  • relazioni con le istituzioni finanziarie: accesso facilitato alle fonti di finanziamento dovuto ad una riduzione del rischio e ad una maggiore affidabilità.

Nelle controindicazioni, oltre ai costi necessari per sostenere il welfare, occorre anche considerare il rischio, ancora latente, di un rifiuto del resto della società ad un intervento che, di fatto, può condizionare le scelte e le libertà degli individui facendolo apparire come un’intromissione nella vita privata.

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